In questo nuovo articolo della rubrica “La Pediatra consiglia” viene affrontato un tema importante e delicato nella vita del bambino: lo svezzamento.

Grazie ai preziosi consigli della Dottoressa Claudia Ventrici, vedremo quando si può iniziare a introdurre un’alimentazione mista e cosa è opportuno dare da mangiare ai bimbi in questa fase della loro vita affinché crescano sani.

Quando inizia lo svezzamento

Lo svezzamento rappresenta un momento delicato sia per i piccoli che per i genitori, soprattutto se questi affrontano per la prima volta il passaggio da un’alimentazione esclusivamente a base di latte ad un’alimentazione mista.

Si può parlare in questo caso di “alimentazione complementare”, ma cosa significa?

Con questo termine, nel 2002, l’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito “quel processo che inizia quando il solo latte materno non è più sufficiente per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, motivo per cui è necessaria l’introduzione di altri alimenti per garantire un corretto apporto nutrizionale al piccolo” [1].

Questa fase rappresenta un momento cruciale per la crescita staturo-ponderale e per lo sviluppo neurologico del bambino. Per questo motivo è bene rispettare i tempi giusti e utilizzare le modalità più opportune.

Sempre l’OMS, in accordo con il Ministero della Sanità, identifica l’età ideale per l’inizio dell’alimentazione complementare intorno ai 6 mesi di vita, ovvero quando il solo latte non soddisfa più il bisogno energetico del bambino.

Oltre all’età, devono essere considerate nel bambino anche altre variabili come la capacità di stare seduti senza sostegno, di afferrare oggetti con movimenti mirati, di portarli verso la bocca e masticare. [2]

Tuttavia, esistono dei casi particolari in cui il pediatra può valutare la possibilità di anticipare lo svezzamento tra i 4 e i 6 mesi. Ovviamente questa decisione così importante si deve sempre basare su un’ attenta valutazione, da parte del medico, delle curve di crescita e delle esigenze nutrizionali di ogni singolo paziente.

Se il professionista riterrà opportuno anticipare l’inizio dello svezzamento, sceglierà di farlo quando le funzioni renali e gastrointestinali saranno sufficientemente mature e il bambino avrà acquisito le capacità motorie necessarie. Dunque, preferibilmente, dopo il 4° mese di vita. [3]

Pertanto, come si può capire, non esiste un periodo di tempo prestabilito e rigido quando si tratta di introdurre nuovi alimenti nella dieta.

Tuttavia, lo svezzamento non dovrebbe iniziare mai prima delle 17 settimane di vita né oltre le 26 settimane. Il motivo è dovuto al fatto che se non viene rispettato questo range temporale, i bambini potrebbero incorrere con maggiore probabilità nell’ adozione di cattive abitudini alimentari (come, ad esempio, l’ assunzione di cibi malsani già a partire da un anno di età) e di sviluppare, più in là negli anni, patologie come l’ipertensione. [4]

Come già anticipato nella rubrica del mese scorso, se da un lato l’ infinita offerta di cibi oggi disponibili in commercio rappresenta un’ indubbia risorsa, dall’altro lato pone però il problema dell’origine di possibili disturbi alimentari.

Per questo motivo è diventato estremamente importante fare attenzione a cosa mangiano i nostri figli e soprattutto fornire loro, fin dai primissimi anni di vita, un’attenta educazione alimentare.
Il cibo infatti contribuisce a “modulare” i nostri geni e quindi serve grande cautela in particolare nei primi “1000 giorni” del bambino, ossia nel periodo che va dal concepimento ai primi due anni di vita. [5]
Questo dunque significa che un’accorta scelta del cibo e una corretta idratazione dovrebbero iniziare già durante i mesi della gravidanza.

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Di norma, durante lo svezzamento, si verifica una progressiva riduzione dell’ingestione di latte a favore dell’introduzione di nuovi alimenti. Ciò porta il bambino a vivere nuove esperienze sensoriali in grado di indirizzarlo poi verso preferenze alimentari e comportamentali.

Con l’introduzione degli alimenti semi solidi e successivamente solidi, non bisogna mai dimenticare di integrare l’intake idrico.

Ma quanta acqua dobbiamo dare al nostro bambino?

Questa è una domanda che viene posta in modo molto frequente nell’ambulatorio di un pediatra.

La risposta è che sarà lo stesso bambino, tramite un meccanismo di autoregolazione, a saper saziare la propria sete con la quantità adatta di acqua.

Come essere sicuri che beva correttamente?

Il modo ideale per offrire l’acqua al piccolo è porlo in posizione verticale, sostenendo testa, collo e schiena e appoggiando una tazzina sul suo labbro inferiore. Ciò lo porterà istintivamente a leccare l’acqua, assaporandola.

Esistono schemi e approcci diversi volti a promuovere lo svezzamento. Negli ultimi anni si sta adottando, ad esempio, un metodo alternativo che conferisce ai genitori e al bambino la possibilità di autogestire l’introduzione degli alimenti, sempre garantendo sicurezza e qualità.

Tale metodo, definito anche “autosvezzamento”, sta sostituendo il classico svezzamento “con cucchiaio” che ci ha accompagnati per decenni. Entrambi i modi vengono ben descritti insieme alle altre tipologie di svezzamento nel prossimo paragrafo.

E’ bene sottolineare che comunque, nonostante la libertà concessa durante i pasti, occorre sempre adoperare il buon senso, così da garantire un’alimentazione sana al proprio bimbo e assicurare a questo l’assunzione dei giusti nutrienti. Risulta dunque fondamentale ribadire l’importanza non solo della quantità di alimenti proposta, ma anche e soprattutto della qualità di questi, favorendo i cibi freschi come frutta e verdura di stagione.

Quanti tipi di svezzamento esistono?

Come abbiamo appena accennato, non esiste una sola tipologia di svezzamento.

Vediamo dunque, tra i vari sistemi adottati, quelli più comuni.

– “L’alimentazione con il cucchiaio tradizionale”. In questo caso il genitore imbocca il bambino, che rimane per lo più passivo durante il processo. Solitamente si offrono al piccolo alimenti semisolidi fatti in casa o alimenti per bambini preconfezionati.

– “L’alimentazione al cucchiaio tradizionale con assaggi di cibo per adulti”. Questo metodo è molto utilizzato e prevede l’offerta di alimenti già presenti sulla tavola, a disposizione dunque di tutta la famiglia, opportunamente schiacciati e tritati per il piccolo.[6]

– “Svezzamento guidato dal bambino (BLW)”. Si intende una pratica di svezzamento in cui viene lasciata al bambino la libertà di stabilire cosa, quanto e a che velocità mangiare. Ciò facilita lo sviluppo motorio orale e si concentra fortemente durante il pasto in famiglia, pur mantenendo il momento dell’assunzione del cibo come un’esperienza positiva e interattiva.

-“Self-weaning”: un approccio on-demand che può essere considerato la versione italiana del BLW. In questo caso il cibo offerto al neonato è in parte uguale a quello dei genitori. La sostanziale differenza sta nel fatto che ciò che mangia il bambino viene tritato e schiacciato.[7]

Lo svezzamento, nella pratica clinica, rappresenta un argomento di ampio dibattito e grande interesse. Indiscussa è infatti la sua importanza, poiché garantisce una crescita equilibrata e fornisce ad ogni bambino le basi per mettere in atto sane abitudini alimentari in grado di prevenire successive patologie quali obesità e diabete.

Inoltre, il fatto che il bambino possa essere coinvolto durante il pasto in famiglia rappresenta un interessante stimolo per incoraggiare tutti ad adottare una dieta più sana.

A questo proposito è dunque fondamentale che il pediatra educhi soprattutto i genitori al corretto utilizzo del cibo, insegnando loro a non aggiungere troppo sale agli alimenti e suggerendogli di dare ai figli solo alimenti realizzati con ingredienti freschi e di stagione.

Il Sistema Sanitario Nazionale Italiano fornisce a tutte le famiglie un’assistenza primaria pediatrica che possiede un ruolo forte e consolidato nella cura del paziente durante l’infanzia, la fanciullezza e l’adolescenza, con particolare attenzione alla crescita e alla salute in generale di questo.

Ciò include, tra le altre cose, la consulenza specifica sull’alimentazione e sul modo corretto per mettere in atto lo svezzamento.
Per un pediatra è di fondamentale importanza insegnare alle famiglie i principali concetti nutrizionali in grado di garantire un adeguato apporto di nutrienti ai figli e mettere in atto sane abitudini alimentari per questi.

Tuttavia è anche indispensabile responsabilizzare i genitori, incoraggiandoli ad adottare un approccio equilibrato che, come ampiamente dimostrato, possa condurre a risultati ottimali, come ad esempio una maggiore risposta alla sazietà e un indice di massa corporea inferiore. Per questo si rende disponibile a fornire, al bisogno, anche informazioni scritte, sempre consultabili in caso di dubbi e incertezze.

Quale acqua utilizzare per la preparazione dei pasti durante lo svezzamento?

Nel delicato passaggio da un nutrimento liquido ad uno semi solido e quindi solido è importante per il bambino un’alimentazione equilibrata. Nella preparazione dei pasti per i piccoli che iniziano lo svezzamento risulta perciò molto importante la scelta dell’acqua da utilizzare.

Un’ottima soluzione è l’oligominerale Fontenoce, un liquido prezioso che ha ottenuto l’approvazione del Ministero della Salute che le ha conferito la certificazione di acqua indicata per la preparazione degli alimenti per lattanti e bambini (D.M.S. 4123 del 16/12/2013).

Con la sua linea pediatrica, Fontenoce viene incontro alle esigenze dell’infanzia per garantire ai bambini una crescita sana.

Cosa rende quest’acqua ideale per i più piccoli?

  • Il basso contenuto di nitrati (1,6 mg/L) e l’assenza di nitriti e arsenico. Ciò la rende perfetta per la preparazione di alimenti per la prima infanzia.
  • L’ambiente incontaminato in cui sgorga, sull’altopiano della Sila, a 1238 metri sul livello del mare. Ciò le consente di essere pura e leggera, lontana da fonti di inquinamento.
  • La certezza di bere un’acqua sicura, grazie a controlli microbiologici effettuati dalla fonte fino alla bottiglia da un team di esperti e alla scelta di utilizzare una bottiglia in vetro sterile monouso per mantenere inalterate le proprietà chimico-fisiche di Fontenoce.

Nel particolare momento dello svezzamento l’acqua oligominerale Fontenoce può dunque essere una valida alleata per la corretta idratazione e fonte di benessere per ogni bimbo che sta diventando grande.

La ricerca scientifica condotta su neonati a termine e pretermine presso il Policlinico di Messina testimonia che acqua Fontenoce è indicata per la preparazione degli alimenti dei lattanti e dei bambini, con l’approvazione del Ministero della Salute. DMS. n° 4123 del 16/12/2013.

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Fonti

    1. Complementary Feeding: Report of the Global Consultation, and Summary of Guiding Principles for Complementary Feeding of the Breastfed Child, World Health Organization, Geneva, Switzerland, 2003;
    2. Brown A., Lee M., An exploration of experiences of mothers following a baby-led weaning style: Developmental readiness for complementary foods, Matern. Child Nutr., 2011 – 9, 233–243;
    3. Warren J., An update on complementary feeding, Nurs. Child. Young People, 2018 – 30, 38–47;
    4. D’Auria E., Borsani B., Pendezza E., Bosetti A., Paradiso L., Zuccotti G.V., Verduci E., Complementary feeding: Pitfalls for health outcomes, Environ. Res. Public Health, 2020 – 17, 7931;
    5. Canani, Costanzo, Bedogni, Brambilla, Cianfarani, Nobili, Pietrobelli, Agostoni, Epigenetic mechanisms elicited by nutrition in early life, Nutr Res Rev, 2011 – Dec 24(2):198-205;
    6. Congiu M., Cimador V., Bettini I., Rongai T., Labriola F., Sbravati F., Marcato C., Alvisi P., What Has Changed over Years on Complementary Feeding in Italy: An Update, Nutrients, 2023 – 15, 1280. https://doi.org/10.3390/nu15051280;
    7. Boswell N., Complementary Feeding Methods—A Review of the Benefits and Risks, Int. J. Environ. Res. Public Health, 2021- 18 7165.